Succede a volte che si porti avanti a lungo un grande lavoro e poi – una volta votato in aula un provvedimento – se ne dimentichi troppo velocemente l’esistenza. Mi sembra sia in parte il caso del PUMS, piano urbano per la mobilità sostenibile, licenziato dal Consiglio comunale di Trento nelle due sedute dell’8 e 9 febbraio scorsi.
Nella voluminosa e articolata documentazione prodotta in sinergia dagli uffici comunali e dai consulenti di Sintagma quello che prende forma è una proiezione a dieci anni che interpreta al meglio la trasformazione in atto per quanto riguarda la pianificazione della mobilità, non più solo intesa come analisi e gestione dei flussi di traffico cittadini.
Persone e loro benessere al centro. Qualità della vita, salute e equità sociale come obiettivi. Strategia multilivello e interdisciplinare. Interconnessione stretta tra diverse politiche urbane, rappresentate dagli altri documenti strategici che in questi mesi abbiamo affrontato nei lavori consiliari.
Lo stato della città – per il presente e il prossimo futuro – deve incrociare quindi le sfide ambientali (il fit for 55 europeo per l’abbattimento delle emissioni climalteranti passa anche per una significativa riduzione della mobilità privata) con quelle urbanistiche (Richard Sennett parla di “progettare il disordine” e Trento ha bisogno di riordinare gli esiti degli scorsi decenni di ampliamenti scomposti sia verso nord che in collina). A questi due fronti complementari aggiunge l’aspetto sociale e comunitario, grazie alla comprensione che lo spazio urbano si qualifica nelle sue reti (le linee su cui ci muoviamo) e nei suoi tessuti (lì dove si condensano le relazioni, si rafforza la coesione).
Siamo di fronte a un nuovo modo di progettare e vivere la città – l’ottavo report di Urban@it parla apertamente di una fase “post-car”, oltre l’automobile – che si pone obiettivi chiari per modificare gli equilibri dello split modale. Significa togliere dalle strade un terzo delle automobili (non basterebbe la sola sostituzione con altrettanti mezzi elettrici) e aumentare parallelamente l’utilizzo del trasporto pubblico, da rendere molto più attrattivo per frequenza e puntualità. E ancora, facilitare e mettere in sicurezza la mobilità dolce in bici e a piedi.
Quella che ne consegue è una strategia integrata di decine di azioni, tra loro complementari. Ci sono interventi di grande portata infrastrutturale, come la progettazione del collegamento nord/sud (ai miei occhi le due linee di tramvia da Lavis alle Torri di Madonna Bianca erano la vera “grande opera” di questa consiliatura) e le cerniere di mobilità che hanno il compito di tenere fuori dalle zone più centrali i grandi flussi automobilistici provenienti dalle valli del Trentino. C’è poi un impegno di sistematizzazione della proposta per la ciclabilità, dove il biciplan e la bicipolitana rendono l’esperienza su due ruote comoda e non marginalizzata. Sullo sfondo, come cambiamento culturale per la vivibilità urbana, c’è un generale approccio alla “città 30 all’ora” che rallentando i mezzi più ingombranti e pesanti intende rendere lo spazio urbano più adatto alla circolazione in sicurezza di cittadine e cittadini.
Abbiamo ben chiaro che processi di tale portata quantitativa e qualitativa – non guidati da ideologia ma bensì da sana idealità e convinzione della bontà dell’impostazione – non si realizzano se non grazie a investimenti continui in energie e competenze, a un puntuale accompagnamento soprattutto per i più deboli, alla definizione di una dotazione adeguata all’implementazione di piani che dalla carta devono atterrare nella concretezza del tessuto urbano.
Per questo motivo i tre ordini del giorno che come gruppo consiliare di Futura abbiamo agganciato al PUMS si pongono l’obiettivo di dar profondità agli interventi che il piano prevede, dotando di più solida struttura la macchina amministrativa comunale, chiamata a un surplus di impegno.
Il primo si propone di dotare delle risorse necessarie – economiche e di personale – la cosiddetta Smart City Control Room, ossia l’ufficio che all’interno del Comune dovrà raccogliere, analizzare e gestire i flussi di informazioni provenienti dalla sensosiristica presente in città. L’approccio data driven è quello che garantisce dentro scenari sempre più complessi di assumere scelte ponderate, dotandole di un’oggettività altrimenti impensabile. I dati sono la nostra bussola e dobbiamo avere occhi allenati per seguirne le indicazioni.
Il secondo concentra la propria attenzione su tre frangenti tra loro coordinati. Gestire i tempi della città significa desincronizzare le funzioni della città e favorire un’esperienza di vita meno caotica e più piacevole. Studiare le caratteristiche della “città dei 10 minuti” ha invece l’obiettivo di riportare sulla scala della prossimità tutti i servizi alla persona (cura, socialità, cultura, commercio) che costituiscono le condizioni minime per una vita degna. Fare tutto ciò tramite il coinvolgimento delle comunità – il nostro suggerimento è di affidare questi compiti al nascendo Urban Center – rende la partecipazione e co-progettazione elementi di trasformazione coinvolgenti e innovativi.
Un terzo e ultimo appunto che abbiamo voluto portare all’attenzione di Giunta e Consiglio riguarda invece l’opportunità di pensare tettoie fotovoltaiche per tutti i grandi parcheggi (esistenti e da costruire) sul territorio comunale, connettendo a essi dove possibile anche l’istituzione di nuove comunità energetiche rinnovabili, strumento di lotta alla povertà energetica e di ricomposizione sociale sulla scala dei quartieri.
E’ in questo modo – tra traiettorie generali e azioni puntuali, visioni d’insieme e accompagnamento concreto dei cittadini – che si cambiano i piani della città, rendendola più facile da attraversare e più salubre da vivere per tutte e tutti.