Intervista incrociata e passaggio di testimone tra Corrado Bungaro, consigliere comunale di Futura a Trento, e Federico Zappini, che subentrerà al suo posto a metà settembre 2021.

F: Dodici anni sono un tempo lungo e importante. In una situazione di incertezza politica come quella che stiamo vivendo è un’era geologica. Quali sono i ricordi più importanti di questo periodo in consiglio?
C: Sono entrato in consiglio comunale il 2 dicembre 2008 subentrando a Sara Ferrari, in seguito alla sua elezione in consiglio provinciale. 12 anni, 4621 giorni, 660 settimane e 1 giorno. Senza entrare nei temi, sarebbe troppo lungo, ricordo i primi giorni di ingresso in consiglio durante la discussione di bilancio. Rimasi deluso e colpito in senso negativo dagli attacchi durissimi sferzati dalle forze di opposizione ad una maggioranza fortunatamente larga e granitica, guidata dal Sindaco Reggente Alessandro Andreatta, in seguito all’elezione di Ale Pacher in Provincia.
Nel corso degli anni impari a capire le ragioni degli altri, a rimanere in ascolto anche nei momenti più complicati e a riconoscere quella “dialettica degli opposti” che permette di fare sintesi.
Oggi il clima è profondamente diverso. La fase pandemica ha costretto maggioranza e opposizione a fare sintesi per rispondere velocemente alla forti richieste di una comunità disorientata e in profonda crisi. Bene da una parte, anche se sarà necessario riprendere una dialettica delle distinzioni, sempre con l’obiettivo però di trovare le migliori risposte per la città.

C: Quali esperienze di vita porti in Consiglio Comunale?
F: Carmine Abate dice che si “vive per addizione”, e non credo esista modo migliore per spiegare che a ogni passo che compiamo la nostra identità si modifica e articola. Abbiamo gambe – ci ricorda l’antropologo Marco Aime – e non radici, e in quanto curioso osservatore della vita culturale e politica cerco di portare in dote tutte le esperienze fatte nel corso del mio percorso personale e dentro i contesti che ho abitato. La gentilezza e la generosità che ho imparato dai miei genitori. La cocciutaggine delle cultura di montagna della Val di Sole dove sono cresciuto. La costanza degli allenamenti del tennis e delle sfide – perse in partenza, ma estremamente formative – al muro contro cui palleggiavo ogni giorno. L’apertura al mondo sperimentata nei movimenti e in quella meravigliosa esperienza comunitaria e politica che sono stati per me i centri sociali. La disponibilità all’incontro con l’altro che negli ultimi anni ho potuto praticare in mille forme diverse, mai uguali una all’altra, che oggi sono parte fondamentale del mio lavoro di libraio, ruolo dalle mille sfaccettature che oltre alla dimensione imprenditoriale sostiene e facilita la mia quotidiana propensione alla politica e alla partecipazione attiva.

F: Amministrazione e politica sono due facce della stessa medaglia, che si sorreggono e danno forza a vicenda. Quali sono secondo te le competenze e i valori necessari per tenere insieme queste due diverse e complementari componenti?
C: La politica deve avere capacità di osservazione e analisi del contesto in cui si trova ad operare, oltre ad una capacità di interpretare la realtà con la responsabilità di proporre alla comunità di riferimento una visione partecipata di medio lungo termine.
Politica e amministrazione sono due vasi comunicanti, sempre in dialogo, con l’obiettivo di trasformare la progettazione politica in azioni concrete e operative.
Ascolto, visione, capacità di mediazione, abnegazione, onestà, rispetto, coraggio e concretezza i requisiti a mio parere più importanti.

C: Com’è stato il tuo anno di impegno in Circoscrizione Centro Storico?
F: Difficile e istruttivo.
Difficile perché la più grande contraddizione che abbiamo dovuto affrontare è quella di rappresentare da una lato il presidio di massima prossimità per i cittadini e le cittadine e dall’altro dover svolgere la stragrande maggioranza delle nostre attività a distanza, dietro uno schermo. Mi è mancato il contatto con le persone e non sono totalmente soddisfatto del lavoro svolto in termini di attivazione di comunità e sviluppo di processi partecipativi capaci di co-progettare il presente e il futuro dei quartieri.
Istruttivo perché si impara facendo e affrontando, giorno dopo giorno, le situazione che si presentano. Stare in un’assemblea pubblica e farsi carico di piccole o grandi mediazioni, cercare di indirizzare delle scelte, avere il compito di impostare e accompagnare i lavori di un gruppo eterogeneo. Istruttivo però anche perché nell’osservazione partecipante saltano agli occhi le potenzialità (abbiamo bisogno di una democrazia che arriva fin dentro i cortili dei condomini della nostra città, che si fa davvero prossima e visibile) e i limiti, che sono di procedura, di funzioni, di risorse e riconoscibilità, delle istituzioni circoscrizionali.
Serve lavorarci in profondità, dopo lunghi anni di riforme non riuscite.

F: Quali questioni lasci in eredità e che vorresti trovassero realizzazione nei prossimi quattro anni? Puoi sceglierne solo tre, quelle che ti stanno più a cuore.
C: Mi sta particolarmente a cuore la nascita del nuovo polo culturale nell’Ex Facoltà di Lettere e area circostante, così come deliberato dal consiglio comunale su proposta del sottoscritto e della Giunta precedente insieme al Prof. Sacco, per la nascita di un centro di produzione culturale legato al tema della salute, del benessere e dell’innovazione.
L’interesse dimostrato dalla PAT a destinare quel luogo alla produzione delle industrie culturali e creative è un bel segnale per la città e per tutto il territorio provinciale, con l’idea di un polo che valorizzi le imprese culturali senza abbandonare l’obiettivo di migliorare la salute e il benessere della cittadinanza e che possa avere una vocazione europea e non solo locale.
Un altro tema caro l’inserimento del paesaggio sonoro nel PRG, per dare valore alla dimensione del suono all’interno della nostra città. C’è da prevedere una mappatura sonora per capire quali azioni siano poi necessarie a favorire una migliore qualità del rapporto tra il suono ed il paesaggio urbano. Anche per un utilizzo mirato del suono a favore dei non-vedenti, con una pianificazione che possa favorire un migliore orientamento e movimento degli stessi negli spazi cittadini.
Da questo punto di vista è un peccato se l’esperimento della “Piazza che suona ” si interrompa, sarebbe invece interessante uno studio di medio-lungo termine per capire quale impatto può avere il suono sul benessere della cittadinanza.
Piazza Duomo è il luogo ideale per la condivisione del suono e aggiungo della luce, con un progetto di valorizzazione di tutta la piazza attraverso questi due elementi fondamentali.
Infine ci terrei alla progettazione di un nuovo Piano del Verde Urbano per la gestione degli spazi verdi e degli alberi sul territorio comunale, sull’esempio del Comune di Merano, che in questi anni ha fatto grandi passi in avanti sulla gestione del verde negli spazi urbani.

C: Puoi indicare tre temi prioritari per la città?
F: Mi ricollego alla risposta precedente.
Il primo obiettivo è quello di contribuire all’abilitazione di cittadini e cittadine alla vita democratica, agendo sull’accessibilità per chi per vari motivi – formali e non – ne è completamente escluso. Potrebbe sembrare una questione senza corpo, immateriale, ma a mio modo di vedere è il vero tema – perché trasversale, di infrastruttura – su cui concentrare l’attenzione. Significa mettere nelle condizioni l’intera comunità di sentirsi parte di un costante e quotidiano lavoro collettivo di pensiero, azione e controllo.
Lo abbiamo visto all’interno di questo periodo pandemico. Abbiamo bisogno di un’intelligenza collettiva capace da un lato di comprendere e interpretare la complessità (vero elefante nella stanza di cui continuiamo a negare l’esistenza) e di costruire reti di relazioni tra i vari livelli dell’infrastruttura istituzionale e sociale, alla ricerca di un rinnovato senso comune e di un efficace mutualismo che fa della città un ecosistema vitale e solidale.
A questa cornice devono agganciarsi i temi della conoscenza (la scuola e l’università, le opportunità culturali e i centri di ricerca, la formazione continua), un nuovo paradigma della cura e del welfare che nello spazio urbano di vicinato possono trovare un ottimo contesto di sperimentazione e sviluppo (basti pensare ai temi della casa, del welfare generativo, dell’impegno sulle marginalità gravi) e – come sfondo trasversale che tutto dovrebbe tenere insieme – l’ecologia integrale, perché come per usare una buona battuta sarebbe spiacevole lamentarsi dell’estate più calda degli ultimi cinquanta anni non accorgendosi che potrebbe essere la più fresca dei prossimi cinquanta. L’urgenza di una transizione ecologica radicale e coerente è sotto gli occhi di tutti. Compito nostro farcene carico.

F: Quale musica mi suggerisci di ascoltare?
C: Ti regalo il CD MAR del musicista e compositore brasiliano Tico da Costa con la partecipazione di Philip Glass a cui ho collaborato nel 2007 come interprete e curatore degli arrangiamenti.
Buon ascolto!

C: Quale libro mi consigli di leggere?
F: Ti regalo Sulla delicatezza, di Michele D’Antino. Un piccolo saggio che riflette sulla necessità non più rimandabile di rimettere ordine – nella forma e nei toni – nel dibattito pubblico oggi così scomposto e spesso violento. In questo senso la delicatezza è lo strumento privilegiato per bonificare il campo dentro cui cittadini e cittadine si confrontano.

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