Fugatti Covid Show – il libro bianco di Paolo Ghezzi

Giu 9, 2020 | Comunicati, Consiglio provinciale, La voce di Futura, Luoghi di Futura, News

Riportiamo qui di seguito il frontespizio e la premessa del Libro Bianco scritto da Paolo Ghezzi sulla propaganda di Fugatti attuata durante il lockdown del Covid-19. E’ possibile scaricare integralmente il libro cliccando sul link in fondo alla pagina.

FUGATTI COVID SHOW

UN LIBRO BIANCO PER SMASCHERARE LA PROPAGANDA PANDEMICA DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI TRENTO

(20 febbraio – 20 maggio 2020)

Gli inciampi, gli sbagli, gli inganni

Libro bianco a cura di Paolo Ghezzi, consigliere provinciale di FUTURA

ANTEPRIMA provvisoria

“Chiunque volesse onorarmi delle sue critiche cominci dunque dal ben comprendere lo scopo a cui è diretta quest’opera, scopo che ben lontano di diminuire la leggittima autorità, servirebbe ad accrescerla se più che la forza può negli uomini la opinione…”.

(Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, Livorno, 1764)

***

“Chi detiene il potere ha bisogno che le persone siano affette da tristezza”

 

(Baruch Spinoza, Amsterdam 1632 –  L’Aia 1677)

 

PREMESSA: Tutto il populista minuto per minuto

 

Da prima del contagio 1 (12 marzo) fino al sospirato doppio zero del 5 giugno (0 contagi e 0 morti), sono stati tre mesi di dramma collettivo in Trentino ma sono stati anche tre mesi di propaganda pandemica, da parte di Maurizio Fugatti, il primo presidente populista e salvinista della Provincia autonoma di Trento.

Questo “libro bianco” – che si basa soprattutto sul lavoro delle giornaliste e dei giornalisti durante la pandemia Covid-19 in Trentino, e che resta aperto a ulteriori contributi di chiunque voglia integrare, correggere, aggiungere spunti (basta scrivere a paolo.ghezzi@consiglio.provincia.tn.it) – ha lo scopo di analizzare la comunicazione, istituzionale e non, del presidente della Provincia e dei suoi più stretti collaboratori, nei tre mesi più tragicidella storia dell’autonomia trentina.

Ho sempre detto: non invidio il presidente della Provincia che si è trovato a vivere un’emergenza così pazzesca e imprevedibile: a lui va tutta la mia solidarietà umana.

Ma Fugatti ha usato spregiudicatamente il suo potere e non ha detto tutta la verità. Ha compiuto numerosi errori di comunicazione. Ha raccontato, a volte abilmente, a volte goffamente, solo la sua versione dei fatti. Occupando tutti gli spazi possibili in tv e sui social, ha imposto una narrazione unilaterale della tragedia del Covid-19 in Trentino, cercando di trasformare il Trentino triste dei contagi e dei decessi ai massimi livelli in Italia in un Trentino idilliaco, con il record nazionale dei tamponi (che ha cominciato a fare, in misura massiccia, troppo tardi. Ha giocato a scaricare le proprie responsabilità sugli altri: sui medici, sulle rsa, sulle scuole d’infanzia, sui sindacati… E siccome andiamo verso una campagna elettorale nei Comuni, in cui i salvinisti ci racconteranno di aver fatto un’eccellente gestione dell’emergenza, sanitaria ed economica, in Trentino, questo libro bianco serve a raccontare un’altra verità, quella che il Grande Propagandista mai ammetterà. E le balle o le mezze verità (che sono la stessa cosa) vanno smascherate.

Se no, a che cosa serve fare opposizione?

Già Fugatti ha dalla sua  l’86% del Consiglio provinciale (cioè i 30 voti su 35 favorevoli alla legge 3 sulla ripresa economica, approvata il 10 maggio scorso). Qualcuno deve pure fare opposizione, ricordare (almeno ai posteri, se i contemporanei non stanno a sentire) che il re è nudo. Il presidente della Provincia è riuscito, grazie a una notevole disinvoltura, ad accrescere i propri consensi sui social proprio mentre il Trentino evidenziava una delle peggiori performance italiane sul fronte della pandemia Covid-19.

Mai come durante l’emergenza pandemica, la comunicazione è stata non solo uno strumento ma l’essenza stessa dell’azione politica, a livello internazionale, nazionale e locale.

Sono un giornalista temporaneamente in servizio politico attivo, non sono uno storico: dunque questa non è una storia del Trentino durante la pandemia: ma questo libro bianco ha l’ambizione di offrire materiali che saranno utili agli storici.

La tesi di fondo, sintetizzata nel titolo di questo lavoro, è la seguente.

Nel periodo tragico della pandemia da Covid-19, il primo presidente salvinista nella storia dell’autonomia trentina ha deliberatamente usato una comunicazione martellante e debordante – una comunicazione diretta con i cittadini del Trentino – per accrescere il consenso alla propria politica, senza garantire la proclamata trasparenza, e anzi fabbricando una propria verità, attraverso gli strumenti tipici della narrazione populista: parzialità, polemica, pressappochismo, vittimismo, emotività retorica. Il racconto dei media è stato inevitabilmente condizionato da questo continuum comunicativo che non ha avuto eguali nelle altre Regioni.

Fugatti ha cavalcato il Covid-19 per la propria propaganda politica mentre non ha dimostrato, secondo chi scrive, l’alto profilo istituzionale richiesto al “governatore” di un piccolo Stato quale è la Provincia di Trento in simili tempi straordinari.

Il fatto che nei primi 2 mesi dell’emergenza il presidente della Provincia di Trento abbia dedicato oltre 100 ore del suo tempo ai live show su Facebook e tv, e solo 4 ore al confronto con le opposizioni, conferma questa tesi. Emblematica è stata la foto che – dalla sua pagina ufficiale Facebook – ha accompagnato le prime settimane dei suoi live (lui circondato dai fedelissimi della Lega Salvini, sorridenti e ottimisti, una foto pre-pandemia) che solo dopo la segnalazione di chi scrive (ed è stata l’unica volta che è stato ascoltato) è stata rimossa, e rimpiazzata da una più dignitosa riproduzione dei numeri utili per l’emergenza.

Rispetto al Consiglio provinciale, che è il piccolo parlamento di una speciale autonomia, il presidente della Provincia ha scelto una modalità “extraparlamentare”, tipica dei demagoghi decisionisti, per gestire la crisi. Pur essendo stato votato da una minoranza dei trentini (il 46%, poi diventato maggioranza in Consiglio grazie al premio di seggi previsto per il vincitore delle elezioni provinciali) non si è mai confrontato seriamente con le minoranze/opposizioni. Supportato da una “parte tecnica” (l’Azienda sanitaria, il demiurgo dirigente dell’assessorato alla salute) e da una “parte politica” (la Lega Salvini e i suoi fedelissimi alleati minori) Fugatti semplicemente non ha avuto bisogno di mediazioni politiche per navigare nella tempesta: aderendo al modello del suo “Capitano” leader nazionale, ha giocato a tutto tondo il ruolo del Comandante-Comunicatore.

“Mettendoci la faccia tutti i giorni” – secondo la trita retorica dell’autoproclamato “coraggio” – si è guadagnato il diritto a un palcoscenico inimmaginabile, che ha trasformato la crisi generale in opportunità politica particolare.

Fin qui è legittimo: il potere, che sia di destra di centro o di sinistra, tende ad autoperpetuarsi e ad autolegittimarsi e Fugatti non fa eccezione. Il problema è che ha dimostrato di essere un uomo di parte e di propaganda, più che di istituzione e trasparenza vera.

Anche sui numeri delle leggi per la ripresa economica: 150 milioni reali di spostamenti di bilancio, “spacciati” per 825 milioni (la massa finanziaria mobilitata, grazie a sospensione di  imposte e interventi delle banche). A tratti è stato il “buon padre di famiglia” che parla in dialetto al suo popolo, con quella colloquialità che mira a creare fiducia, ma troppo spesso è stato un televenditore in mezzo a una tragedia. E questo resta, deve restare a futura memoria. Per questo, come consigliere d’opposizione e giornalista, ho sentito come un dovere morale – prima ancora che politico – compilare questo libro bianco.

Bisognerà infatti serbare memoria dei nostri 467 morti e di troppe sofferenze, ma anche di chi ha cavalcato il Covid-19 con una disinvoltura che lascia un grande amaro in bocca.

Anche per la nostra Provincia la pandemia diventa uno spartiacque storico e ciò rende cruciali i tre mesi della tragedia Covid-19, con un numero di morti spaventoso, quasi il doppio della tragedia industriale di Stava (269 morti), del 1985, spartiacque fra il Trentino dell’innocenza e il Trentino della maturità autonomistica, ultima fase dell’età dell’oro.

La stessa predilezione di Fugatti per il presenzialismo su Facebook è in perfetta sintonia con il suo leader nazionale: si vedano gli investimenti pubblicitari della “Bestia” salviniana sulla multinazionale di Zuckerberg.

“… la tendenza generale nel settore pubblico è ancora dominata da una vocazione prevalente che sembra proprio essere pre-crisi. Qualcosa che non è nato oggi e che ha fatto “carriera” nei palazzi istituzionali, nazionali e territoriali. Si tratta dell’opzione, prevalente nelle maggiori istituzioni, di concepire la comunicazione istituzionale come servizio alla gestione dell’immagine dei vertici politici dell’istituzione stessa più che come professione di tessitura relazionale in un rapporto di conoscenza e di servizio con l’articolata domanda sociale. Essa tende ora a non dare sufficienti e adeguate risposte a quella “crescente domanda di istituzione” su cui la demoscopia italiana si è trovata concorde (si veda il confronto diretto tra Ilvo Diamanti Demos e Nando Pagnoncelli Ipsos, sull’Espresso del 2 aprile).

Stefano Rolando, (in “Verso i due mesi di svolgimento della crisi. Primo bilancio del sistema comunicazione e informazione”, Università IULM Osservatorio comunicazione pubblica) cita il suo collega Fabrizio Luisi: “Assistiamo allo scontro tra due frame: quello della guerra e quello dell’emergenza sanitaria. Quest’ultimo prevede una crisi la cui soluzione è tecnica, scientifica, ingegneristica, gestionale e i cui protagonisti sono quindi tecnici, scienziati e politici-amministratori. In questo frame viene più naturale interrogare gli esperti sulle loro responsabilità e chiedersi se e in che misura siano stati in grado di gestire la crisi. Il frame della guerra invece permette di raccontarsi come innocenti ingiustamente e vigliaccamente attaccati da un nemico esterno, contro cui bisogna lottare tutti uniti, senza polemiche e senza porsi troppe domande. Chi ha da ridire viene additato come traditore. Il tipico racconto di guerra è fatto di politici-generali, uomini forti, gerarchie ferree, obbedienza agli ordini, società civile subordinata al comando militare. La guerra prevede un certo numero di morti, li si mette in conto: saranno vittime da vendicare o eroi da celebrare. Nell’emergenza sanitaria invece no: con gli strumenti di cui disponiamo oggi, se ci sono molti morti è perché qualcuno ha sbagliato qualcosa”.

Anche Fugatti ha usato più volte – come molti, niente di originale – la metafora della guerra per la sua personale  narrazione politica della lotta con il Covid-19. E la guerra è un ottimo sistema per nascondere le verità scomode e tappare la bocca al pensiero critico.

 

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