Il World Economic Forum ha messo in evidenza come le disuguaglianze di genere perdurano e i segnali di una riduzione di queste differenze non accennano a diminuire. Nei mercati del lavoro continuano a persistere tendenze alla segregazione professionale lungo la linea di genere, dove le differenze occupazionali sono una chiave esplicativa anche per poter interpretare e comprendere le disuguaglianze salariali. In questo senso, la pandemia ha contribuito in maniera potente e negativa nel far crollare la partecipazione delle donne nei mercati del lavoro. Infatti come è stato già messo in evidenza da alcuni dati dell’ILO (International Labour Organization), la fragilità del “capitale sociale” in termini di parità di genere e le barriere culturali che lo sottendono hanno avuto come diretta conseguenza il mancato utilizzo del potenziale femminile, determinando una maggiore crisi occupazionale delle donne, che risiede fondamentalmente in due ragioni: da una parte, una fetta notevole delle donne risulta occupata in settori dove la pandemia ha colpito in maniera durissima (ristorazione, turismo, servizi alla persona, pulizie), la seconda è dovuta ad una maggiore necessità di cura alla famiglia. I progressi stagnanti uniti all’allargamento delle disuguaglianze di genere determinati dalla pandemia, hanno spostato indietro le lancette per raggiungere l’eguaglianza di genere di altri 36 anni. Infatti secondo una stima del rapporto WEF prodotto nel 2021, il traguardo per raggiungere la parità di genere a livello globale arriverà soltanto tra 135,6 anni. L’economista Cristiana Compagno ha detto: “la pandemia ha allungato in tutto il mondo il traguardo delle pari opportunità nell’accesso all’istruzione, al mercato del lavoro, alla leadership politica e al trattamento sanitario“. In questo quadro desolante, anche l’Italia non ne esce bene. In campo lavorativo le donne italiane sono soltanto il 56% contro il 74% degli uomini e vengono pagate circa il 19% in meno rispetto ai maschi a parità di mansione e anzianità di servizio. Come pure, nei posti apicali le donne ricoprono solo il 27% se rapportato al 72% degli uomini. Se la stima del WEF venisse confermata, tutti i nostri convegni, studi, interventi legislativi sarebbero semplicemente carta straccia, compreso probabilmente l’articolo 37 della Costituzione Italiana: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”. Pertanto il raggiungimento della parità di genere deve essere un obiettivo a cui tutti quanti noi dobbiamo ambire, facendone un obiettivo imprescindibile e un focus centrale, per creare luoghi di lavoro maggiormente inclusivi che tutelino le donne e le loro carriere, anche e soprattutto grazie a un efficace e solido sistema di infrastrutture e servizi di assistenza.
Pasquale Del Prete